Questo il fatto: una Signora in località Pordenone, in prossimità dei giardini pubblici, alla guida della propria bicicletta, nella pista ciclopedonale, in seguito all’improvviso attraversamento di un cane di razza Schnauzer, perdeva l’equilibrio e cadeva rovinosamente a terra. Il cane, tenuto al guinzaglio dal figlio della proprietaria dell’animale, sfuggiva improvvisamente per inseguire un gatto ed impattava violentemente contro la bicicletta della Signora.
La danneggiata citava in giudizio la proprietaria dell’animale per richiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, in quanto la stessa aveva riportato: una frattura in corrispondenza dell’orbita oculare destra, una vasta ferita nella zona sopraccigliare destra e la frattura del gomito, lesioni quindi all’integrità fisica che avevano determinato dei postumi permanenti.
La convenuta costituitasi in giudizio, sosteneva di non essere responsabile per i danni subiti dall’attrice, in quanto quella mattina il cane era stato portato fuori dal figlio. Veniva chiamata in giudizio la compagnia assicuratrice, la quale sosteneva l’inoperatività della polizza, poiché la stessa polizza era stata stipulata dalla figlia della proprietaria del cane, mentre, nel momento del sinistro, l’animale era sotto la custodia del fratello, per inciso, non convivente con la sorella. Nel contempo la stessa compagnia assicuratrice chiamava in causa il figlio, per essere esonerata da quanto dovesse rifondere in termini di risarcimento in caso di condanna.
I passaggi dell’istruttoria permettevano confermare: 1) che l’attrice verso le 8.10 del mattino, mentre percorreva la pista ciclopedonale, era caduta ed aveva riportato lesioni; 2) che in quello stesso momento, nel luogo del sinistro si trovava il convenuto a passeggio con il proprio cane libero dal guinzaglio; 3) che il convenuto prestava aiuto all’attrice e l’ accompagnava al Pronto soccorso ; 4) che il cane Schnauzer aveva tagliato la strada alla ciclista finendo contro la stessa bicicletta, sfuggendo dal controllo per inseguire un gatto.
Si tratta ora di rispondere al quesito; ovvero di stabilire se sia responsabile la proprietaria, se debba rispondere la Compagnia assicurativa o se la responsabilità sia da attribuire in maniera diversa.
Il Tribunale di Pordenone , sul caso emanava la Sentenza n. 333/ 2017 imperniata sull’art 2052 CC che così recita : “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.
Nella Sentenza viene rimarcato che il proprietario dell’animale è colui che ha il diritto di proprietà su di esso e ciò lo si può evincere dal nome dell’intestatario del cane nel registro dell’anagrafe canina; invece l’ utilizzatore è colui che se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, ha la disponibilità momentanea dell’animale, lo utilizza per un determinato periodo di tempo e poi lo restituisce al legittimo proprietario.
Quest’ultimo, quando ha la disponibilità dell’animale, è tenuto ad osservare le regole di normale diligenza per la custodia del cane e risponde dei sinistri cagionati dall’animale anche se non è proprietario; per essere esenti da responsabilità, dovrebbero dimostrare il caso fortuito.
Il Tribunale di merito sancisce che i convenuti non hanno dimostrato che la caduta della Signora è stata cagionata da una condotta di guida negligente e imprudente della stessa, sicché il sinistro è da ricondurre all’improvviso e repentino attraversamento del cane; a sua volta per la ciclista usando l’ordinaria diligenza l’attraversamento era fattore imprevedibile.
Conclusione vi è la responsabilità dell’utilizzatore per mancata custodia. Il Tribunale nella Sua decisione rimarca anche quanto statuito dalla Corte Suprema di Cassazione (Sentenza n.979 del 21.01.2010), in tema di danno cagionato da animali ; ovvero rimarca che ’art.2052 c.c. impone l’obbligo di osservare determinate cautele, fatta salva la prova del caso fortuito, sia al proprietario dell’animale, sia a chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso. Il proprietario si libera dalla relativa responsabilità se prova di essersi spogliato dell’utilizzo dell’animale, senza che a tal fine possa essere ritenuta sufficiente la prova del momentaneo affidamento dello stesso ad altri.
Nel caso specifico è invece pacifico che la proprietaria del cane non aveva la vigilanza e la sorveglianza dell’animale, quindi, al momento del sinistro l’unico ad esercitare un’effettiva vigilanza e sorveglianza dell’animale era il figlio; ed è quindi in capo al medesimo che deve configurarsi la responsabilità ai sensi dell’art.2052 c.c. Non solo! Il tribunale di Pordenone ( nel riprendere quanto specificato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.25738 del 22/12/2015 ) sottolinea che essendoci stato da parte della proprietaria uno spoglio , non sussiste il vincolo di solidarietà con il figlio ; quindi la sentenza in oggetto condanna solo l’utilizzatore dell’animale a risarcire alla Signora i danni patrimoniali e non patrimoniali quantificati nella somma complessiva di 24911,00 euro (specificatamente 20426,00 per invalidità permanente e 4485,00 per invalidità temporanea).
In ordine alla copertura assicurativa la Sentenza stabilisce che la difesa del figlio avrebbe dovuto tempestivamente chiamare in causa la Compagnia assicuratrice, mentre ciò non era stato fatto tempestivamente e conseguentemente, anche se la chiamata era avvenuta correttamente da parte della difesa della madre, non essendo ravvisata la responsabilità in capo alla stessa, la Compagnia assicuratrice non è tenuta a manlevare la posizione del figlio.
In conclusione la Sentenza appare rigorosa sotto il distinguo tra proprietario ed utilizzatore, mentre nella sostanza e nello sviluppo dei fatti lascia qualche interrogativo la gestione del rapporto con la Compagnia Assicurativa; per meglio comprendere questo sarebbe necessario esaminare la stipulata Polizza.