PRINCIPI della SUCCESSIONE – CHI SONO I LEGITTIMARI?

L’art. 456 del codice civile stabilisce che: “la successione si apre al momento della morte , nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto”.

La successione mortis causa indica la vicenda traslativa dei diritti di una persona a seguito della sua morte; la morte estingue la capacità giuridica della persona ed i diritti ad essa inerenti cioè i diritti personali, mentre non si estinguono i diritti patrimoniali. Quindi la morte non è solo il presupposto necessario della successione ma è anche sua ragione giustificativa, perché si vuole dare un assetto ai diritti patrimoniali della persona a seguito della morte.

La successione può avere due sviluppi: a) legittima o intestata, cioè che ha luogo per legge quando manca in tutto o in parte il testamento; b) testamentaria quando il de cuius ha redatto testamento. E’ bene subito precisare che su tali due sviluppi interviene con effetti “limitativi” la successione necessaria, cioè il diritto che spetta agli stretti congiunti del defunto che pertanto possono anche incidere su precedenti disposizioni patrimoniali.

Gli stretti congiunti che hanno diritto ad una quota prevista per legge (detta anche quota indisponibile) del patrimonio del defunto si definiscono legittimari. Essi sono: il coniuge, i figli e gli ascendenti. Ai legittimari la legge riconosce una quota di valore della massa ereditaria fittiziamente formata dai beni dell’asse ereditario e dai beni donati in vita dal defunto. La somma dei beni relitti e dei beni donati si definisce massa. Per determinare la legittima spettante ai legittimari è necessario calcolare il valore dei  beni ereditari (relitti), cioè i beni appartenuti al defunto al tempo della morte; da questo valore si detrae l’ammontare dei debiti ereditari e si aggiunge il valore dei beni donati dal defunto. Il valore dei beni relitti e dei beni donati deve essere calcolato al tempo di apertura della successione.

La quota di legittima del coniuge è pari alla metà della massa se non vi sono figli; è di un terzo se assieme al coniuge concorre un figlio del defunto; è invece di un quarto se concorrono due o più figli; infine è della metà se concorrono assieme al coniuge ascendenti. Al coniuge, oltre al diritto alla quota di legittima, spetta anche il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare nonché il diritto di uso sui mobili. Presupposto di tali diritti è che si tratti di beni di proprietà del defunto o che il defunto aveva in comproprietà con il coniuge.

Se il genitore lascia un solo figlio, egli ha diritto alla metà della massa; se vi sono più figli essi hanno diritto complessivamente ai due terzi della massa.

Gli ascendenti, invece, hanno diritto alla legittima quando il defunto muore senza lasciare figli, né loro discendenti. In questo caso la quota è di un terzo, ma diviene pari ad un quarto qualora sia vivente il coniuge del defunto.

Per reintegrare il legittimario nella quota di legittima devono essere in primo luogo ridotte le disposizione testamentarie; sia quelle a titolo universale che quelle a titolo particolare. Se nonostante la riduzione delle disposizioni testamentarie il legittimario risultasse ancora leso nella sua quota di legittima, procederà alla riduzione delle donazioni dirette e indirette fatte dal defunto. Le donazioni si riducono col criterio cronologico, partendo dalla più recente e risalendo alla più antica, fino a soddisfare il diritto di legittima.

È bene rimarcare, anche se ovvio, la differenza tra le quote spettanti al coniuge e/o ai figli per successione legittima e le quote attribuibili agli stessi come legittimari. Sostanzialmente si può affermare che le quote dei “legittimari” siano una soglia “minima” di garanzia nei rapporti familiari.

A chiusura della legittima e della collegata azione di riduzione, l’art 557 c.c., così sancisce: l’azione di riduzione delle donazioni e delle disposizioni lesive della quota di legittima può essere proposta esclusivamente dai legittimari e dai loro eredi o aventi causa. Essi non possono rinunciare a questo diritto finché il donante è in vita, né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione. I donatari e i legatari non posso chiedere la riduzione, né profittarne, così come i creditori del defunto, purché il legittimario abbia accettato l’eredità con beneficio d’inventario.