IL MEDIATORE

L’attività del mediatore è disciplinata  dal nostro codice civile agli artt. 1754 – 1765.

Il mediatore è: “colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di  rappresentanza” (così l’articolo 1754 cc.).

Le caratteristiche che contraddistinguono l’attività di interposizione del mediatore sono l’indipendenza e l’imparzialità; infatti, il mediatore non è dipendente di nessuna delle parti coinvolte nella trattativa per la conclusione dell’affare e non ha nessun vincolo giuridico con esse, nemmeno con la parte che eventualmente gli abbia conferito l’incarico; ovvero non può assolutamente agire nell’interesse di alcuna parte. Il suo unico obbligo è quello di  mettere in contatto le due o più parti interessate alla conclusione di un affare (giustamente è stato usato dal legislatore il termine “affare” e non “contratto” per far rientrare in questo ambito di applicazione qualsiasi operazione economica che si concluda con la nascita di un rapporto obbligatorio), ed eventualmente appianare delle divergenze tra esse per favorire l’accordo.

I presupposti essenziali su cui si basa il diritto alla provvigione del mediatore sono indicati dall’articolo 1755 c.c. ; articolo che va interpretato enucleando due precisi momenti: la conclusione dell’affare; l’affare si è concluso per effetto del suo intervento.

E forse superfluo ma è bene non dimenticare che la disciplina del Codice è utilizzabile in svariati ambiti, si pensi all’Import/export, ma nel vivere comune il maggior riferimento all’istituto si ha nel mondo immobiliare.

I principi suddetti sono puntualizzati da svariate sentenze della Suprema Corte, ribaditi a più riprese nelle sentenze di merito, tra cui, da ultimo, Tribunale di Roma sent. n. 656/ 2017 ove si  afferma: “perché sorga il diritto alla provvigione non è sufficiente che l’affare sia stato concluso, ma è necessario che la conclusione del contratto sia avvenuta per effetto dell’intervento del mediatore, che deve aver messo in relazione i contraenti con un’attività causalmente rilevante ai fini della conclusione dell’affare.”. Affinché un affare si intenda concluso è necessario che tra le parti sia sorto un valido rapporto obbligatorio, in altri termini, sia sorto un accordo che legittima ciascuna parte ad agire in giudizio!

A nulla rileva che l’accordo sia poi annullabile o rescindibile. Si deve aggiungere che nel particolare caso di una vendita immobiliare, la firma tra le parti di un contratto preliminare è sufficiente per far sorgere il diritto alla provvigione del mediatore, anche se poi il contratto definitivo non dovesse essere stipulato (Cass. civ. n. 24397/2015); infatti, il mediatore non è responsabile del futuro inadempimento delle parti.

Bene, per contro, evidenziare che la giurisprudenza non considera concluso l’accordo se le parti hanno fatto ricorso ad una semplice “minuta”, che è da qualificarsi come elemento di semplice trattativa  (Corte di Cassazione  sent. n. 8038/ 2009).

L’espressione “per effetto del suo intervento” significa che il diritto alla provvigione sorge solo se c’è un nesso causale tra l’attività posta in essere dal mediatore e la conclusione del relativo affare: in concreto significa che l’attività svolta è stata necessaria, utile alla conclusione dello stesso e che senza il suo intervento non si sarebbe concluso; a tal scopo è sufficiente che il mediatore abbia fatto incontrare le parti anche se poi non sia stato presente in tutte le fasi delle trattative. Si rileva come più volte la suprema Corte ha precisato come tale nesso di causalità non viene interrotto se sono cambiate le parti originali dell’accordo (ma vi è stata continuità tra esse; esempio al padre subentra il figlio) e l’affare viene concluso dopo la scadenza dell’incarico al mediatore; o se le parti stesse decidano di modificare i termini dell’accordo o inserirci una condizione sospensiva o risolutiva (nel primo caso, il diritto alla provvigione sorge al verificarsi della condizione, nel secondo il diritto non viene meno al verificarsi della condizione).

In concreto, la provvigione consiste generalmente in una percentuale dell’affare concluso, che entrambe le parti devono corrispondere al mediatore anche se il mediatore ha ricevuto l’incarico sola da una;  in caso di compravendita immobiliare la provvigione deve essere parametrata al reale valore dell’affare e non al prezzo dichiarato dalle parti (si veda Cass. civ. n.24444/2011.).

Il mediatore deve essere rimborsato per tutte le spese dai lui sostenute (art. 1756 c.c.), salvo che le parti non abbiano pattuito diversamente, si pensi alla necessità di dover acquisire copie di molteplici atti notarili per garantire le giuste volture.

Il mediatore per essere tale deve presentare una dichiarazione di inizio attività alla Camera di commercio che, dopo aver verificato i requisiti professionali, morali e di indipendenza (che vengono presentati tramite una autocertificazione del mediatore), procede all’iscrizione nel Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) se il mediatore è una persona fisica; nel caso in cui ad esercitare l’attività di mediatore sia un’impresa, nel Registro delle Imprese. Senza questa iscrizione il mediatore non potrà pretendere nessuna provvigione e nel caso in cui il mediatore avesse già ricevuto la provvigione, sarà obbligato a restituirla alle parti.

Si annoti che eventuali esposti per comportamenti anomali di un mediatore vanno infatti presentati alla Camera di commercio ove lo stesso è iscritto, sottolineato che presso ogni camera di Commercio esiste una Commissione di vigilanza e di disciplina

Si deve ricordare che nell’atto di cessione di un immobile ciascuna parte ha obbligo di dichiarare se si è avvalsa dell’opera di un mediatore e, in caso affermativo, anche l’ammontare della relativa spesa nonché le modalità di pagamento; questo obbligo, introdotto con l’art. 35 co.22 della L.248/2006, è stato reso necessario per cercare di contrastare l’evasione fiscale da parte dei mediatori (non dichiarando la loro attività, percepivano la provvigione in nero senza emettere la relativa fattura.).

A conforto e critica di quanto esposto, ovvero che il mediatore dovrebbe essere imparziale e indipendente, nella pratica spesso il mediatore pur di poter tentare di vendere un determinato immobile promette al venditore una provvigione dell’1% magari chiedendo all’acquirente il 4%! Questo significa  snaturare il concetto dell’imparzialità? Crediamo che la risposta sia negativa, tuttavia non è un bel segnale di trasparenza:sotto diverso profilo si può però soggiungere che spesso il mercato immobiliare genera una concorrenza “spietata” tra i vari addetti ai lavori, specie nelle città ove gli affari sono oltremodo rapidi, intendiamo riferirci alla realtà di mercato di Milano e Roma.

A chiusura dell’argomento giusto segnalare che l’art. 348 c.p., applicabile ai mediatori, prevede “…la reclusione da sei mesi a tre anni e [con] la multa da euro 10.000 a euro 50.000 per chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato..”.