L’ISTITUTO DELLA RIABILITAZIONE

L’istituto della riabilitazione, disciplinato dall’art. 178 c.p. e seguenti, rappresenta un diritto del condannato che ha espiato la pena principale (o la cui pena è stata estinta) a veder estinguere le pene accessorie e ogni altro effetto penale della subita condanna, con lo scopo di facilitare il suo reinserimento sociale.

Attenzione: il certificato penale di un condannato che ottiene la riabilitazione risulta “pulito” agli occhi dello stesso interessato,così come ad una pubblica amministrazione od un gestore di pubblico servizio, ma agli Uffici che esercitano la giurisdizione penale, la riabilitazione sarà annotata come un fatto ulteriore “accanto” alla sentenza di condanna; in sostanza a certi Uffici sarà sempre visibile la “storia” del soggetto.

Le condizioni per la riabilitazione sono sostanzialmente quattro e sono precisate nell’art. 179 c.p.:

decorso di un certo tempo;

– prova di buona condotta; effettiva e costante;

– aver adempiuto alle obbligazioni civili derivanti dal reato;

– non essere stato sottoposto a misure di sicurezza o di confisca.

Offriamo alcuni dettagli su tali requisiti:

decorso del tempo; per richiedere la riabilitazione devono essere trascorsi almeno 3 anni dall’esecuzione della pena principale, che aumentano  a 8 anni nel caso in cui il condannato sia recidivo, per diventare 10 anni nei caso in cui si discuta di delinquenti abituali, professionali o per tendenza. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, la decorrenza dei termini (per la richiesta della riabilitazione) cambia a seconda che sospensione sia stata concessa ai sensi del primo, secondo e terzo comma dell’art. 163 o ai sensi del quarto comma dello stesso articolo.

–  buona condotta; non è sufficiente dimostrare l’assenza di ulteriori elementi negativi nel comportamento tenuto dall’interessato, ma è necessario che il suo comportamento denoti un ravvedimento per i reati commessi e un interesse a condurre la sua vita in maniere rispettosa della legge; infatti rilevano anche le frequentazioni dell’interessato, che, nel caso in cui siano non sporadiche, con persone gravate da precedenti penali, possono influire sulla valutazione dell’effettiva buona condotta (così Cass. Pen., sez. V, n.39499/2018). Inoltre, come affermato dalla Suprema Corte nella sentenza 37829/2015, “la valutazione del comportamento tenuto dall’interessato deve essere attuata globalmente e non essere limitata al periodo minimo fissato dalla legge.”.

adempimento delle obbligazioni civili; è necessario che l’interessato abbia pagato le spese di giustizia a Lui addebitate, nonché, in caso di carcerazione le spese del suo mantenimento in carcere e che abbia provveduto a pagare il risarcimento dei danni generati dai reati commessi , per i quali si chiede la riabilitazione; salvo non sussista la dimostrazione della sua incapacità economica a provvedervi (incapacità che deve essere data tramite documenti “fiscali” e certificato di disoccupazione o di mobilità, non certo tramite delle semplici autocertificazioni!).

misure di sicurezza o di confisca ; come sopra già segnalato tali misure sono oggettivamente ostative, non esistono margini di discussione sul punto, a meno che le stesse misure non siano state autonomamente già revocate.

La decisione sulla richiesta di riabilitazione, come l’eventuale sua revoca, sono di competenza del Tribunale di Sorveglianza che decide con Ordinanza, a seguito dello svolgimento del procedimento in camera di consiglio senza la presenza delle parti. Qualora la richiesta venga respinta, la decisione può essere impugnata davanti lo stesso Giudice ( con le forme di cui all’art 666 c.p.p.) e poi anche con ricorso in Cassazione. Qualora  la riabilitazione sia stata negata per difetto di buona condotta, una nuova richiesta può essere proposta non prima di due anni dal rigetto.

La riabilitazione può essere anche revocata:  questo avviene di diritto, nel casi in cui la persona riabilitata commetta entro sette anni dal beneficio ottenuto,  un delitto non colposo dal quale derivi una pena di 2 anni o superiore; come prescritto dall’art. 180 c.p..

Attenzione: un discorso autonomo e particolare va fatto per due categorie di soggetti; per i Militari è competente il Tribunale militare di sorveglianza; mentre per quanto riguarda la riabilitazione per i Minorenni, è competente: il Tribunale per i Minorenni se la richiesta viene formulata entro il compimento del 25esimo anno d’età; successivamente a tale età si entra nella sfera del Tribunale di Sorveglianza.

L’effetto principale della concessione della riabilitazione, come si è già evidenziato, è l’estinzione delle pene accessorie. Tra le pene accessorie più incisive è bene ricordare: l’interdizione perpetua dai pubblici uffici (tra cui il diritto di elettorato attivo e passivo) o da una professione o un’arte; la possibilità di essere tutore o curatore.

Si annoti sotto diverso profilo che con l’ottenimento della riabilitazione possono aprirsi diversi scenari; per esempio, un condannato con una storia “articolata” cancellando parte delle condanne più remote, può magari beneficiare dell’amnistia e dell’indulto per reati più recenti ; ovvero usufruire di benefici  che  erano “bloccati” proprio dalla sussistenza di  remote condanne.

La riabilitazione essendo un diritto del condannato, non è una scelta discrezionale del giudice: quest’ultimo in presenza di tutte le condizioni necessarie, ha l’obbligo di concederla, certo, per la buona condotta, di fatto, si entra in una sfera dove il giudizio, in concreto, ha una personalizzazione.

La richiesta di riabilitazione può essere presentata autonomamente dall’interessato, ma salvo casi particolarmente semplici ( per esempio 1 sola remota condanna ) sia permesso dire: chi più spende meno spende, in quanto la puntualità e la precisione di certa documentazione e di certe situazioni non certo può sussistere nel “fai da TE”; peraltro come segnalato sopra il difensore è necessario qualora si debba “impugnare”  una decisione del Tribunale di Sorveglianza. La parcella di un avvocato, in linea di massima, può dirsi congrua, allorquando si aggiri intorno ad euro 1300,00; chiaro che è un dato orientativo,  da specificare ed approfondire nel singolo rapporto fiduciario; per contro, anche in questa situazione, l’interessato che abbia  certi requisiti di reddito avrà diritto a chiedere  il Patrocinio a Spese dello Stato ( in tal caso l’avvocato iscritto alle specifiche Liste si attiverà a favore del Cliente, ma, riceverà  i compensi da parte dello Stato;  circa due anni dopo) .