Ricettazione ed “incauto acquisto”: elementi caratteristici e differenze

La ricettazione, ai sensi dell’ art. 648, comma 1 c.p., è il fatto di chi, fuori dei casi di concorso nel reato, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto o, comunque, si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare.

Oggetto materiale di ricettazione può essere il denaro o le cose provenienti da un qualsiasi delitto.
Alcune precisazioni:

  • in primo luogo, nonostante la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie concordino nel ritenere che le “cose” di cui parla l’ art. 648 c.p. siano soltanto i beni mobili, secondo taluni recenti orientamenti detto termine ricomprenderebbe altresì i beni immobili in quanto, nelle ipotesi in cui il legislatore ha inteso limitare la portata della fattispecie incriminatrice ai soli beni mobili, lo ha sempre esplicitato;
  • in secondo luogo, dacché la norma in esame parla di denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, essa non può trovare applicazione qualora il c.d. “reato presupposto” sia una contravvenzione;
  • in terzo luogo, il concetto di “provenienza da reato” include soltanto il prodotto, il profitto o il prezzo dello stesso, con esclusione, quindi, degli strumenti usati per commetterlo. Viceversa, infatti, si finirebbe per confondere il concetto di “provenienza” con quello di semplice “attinenza”;
  • in quarto luogo, la norma in esame trova applicazione anche nel caso in cui l’ autore del reato presupposto non sia imputabile o non sia punibile ovvero qualora manchi una condizione di procedibilità riferita a detto reato;
  • infine, con riguardo all’ accertamento del reato presupposto, è sufficiente che la relativa prova risulti con certezza dagli atti del processo, non essendo necessario che essa derivi da sentenza passata in giudicato.

Condotta tipica da attribuire al reo. Si è detto che la ricettazione è il fatto di chi acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto o, comunque, si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare. Nei primi tre casi si parla di ricettazione stricto sensu, mentre nell’ ultimo di “ricettazione per intermediazione”.
Più precisamente:

  • si ha ricettazione per acquisto ogniqualvolta venga trasferito il possesso del bene uti dominus per effetto di un qualsiasi accordo negoziale, a titolo oneroso o gratuito, disposto con atto tra vivi o mortis causa (si pensi, ad esempio, alla compravendita, alla donazione, alla successione ereditaria);
  • la nozione di ricezione identifica, invece, ogni forma di conseguimento della disponibilità materiale del bene anche temporanea, non uti dominus, qualificabile come detenzione (si pensi, ad esempio, al deposito);
  • l’ occultamento, presupponendo sempre una precedente ricezione, risulterebbe secondo alcuni una nozione superflua; ad ogni modo, si traduce nella condotta idonea a celare il bene;
  • nella ricettazione per intermediazione, infine, il legislatore punisce quei comportamenti di mediazione tesi a procurare la ricettazione vera e propria, a prescindere dall’ esito positivo degli stessi.

La ricettazione è reato comune: chiunque può esserne il soggetto autore, non servendo una particolare qualifica.
Si annoti, tuttavia, che l’ autore del reato presupposto nonché, in ipotesi di concorso di persone, gli eventuali concorrenti, non sono certo imputabili per ricettazione; in sostanza, chi ruba è ladro, non è certamente un ricettatore, poiché l’ apprensione o l’ occultamento del bene proveniente dall’ attività delittuosa è una naturale prosecuzione del furto.
Nondimeno, dai possibili soggetti attivi restano parimenti esclusi il danneggiato dal reato nonché l’ eventuale proprietario non possessore i quali, riacquistando il bene direttamente o indirettamente posseduto, esercitano un proprio diritto tutelato in sede civile dall’ azione di reintegrazione.

Sotto il profilo del momento consumativo, la ricettazione è un reato di mera condotta e, pertanto, si intende consumato nel momento in cui è commesso taluno dei fatti previsti nella condotta tipica.

La ricettazione è punita a titolo di dolo (elemento psicologico), per tale intendendosi la consapevolezza e la volontà di acquistare, ricevere od occultare il denaro o le cose provenienti dal reato presupposto (o di fare da mediatore); il dolo è connotato da un profilo di specificità, poiché l’ agente si adopera al fine precipuo di procurare a sé o ad altri un profitto.

La consapevolezza della provenienza delittuosa segna il discrimine tra il delitto in esame e la contravvenzione di cui all’ art. 712 c.p. e cioè l’ acquisto di cose di sospetta provenienza.

Il c.d. “incauto acquisto” è il fatto di chi, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità, per la condizione di chi le offre o per l’ entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato.
Tale stato di dubbio, tipico del dolo eventuale, esula dall’ ambito di applicazione dell’ art. 648 c.p., facendo così refluire il fatto nel campo applicativo dell’ art. 712 c.p., destinato a coprire tutta l’ area esterna a quella del dolo diretto.
Tuttavia, se questi sono i fondamenti teorici, nella realtà il confine tra ricettazione ed incauto acquisto appare assai labile, tanto che la Suprema Corte ha più volte ribadito quanto segue: “in tema di ricettazione, ricorre il dolo nella forma eventuale quando l’ agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ ipotesi contravvenzionale dell’ acquisto di cose di sospetta provenienza” (ex multis Cass., Sent. n. 25439/2017).