DELITTI CONTRO L’INCOLUMITÀ INDIVIDUALE: PERCOSSE E LESIONI

L’intento di questo articolo è offrire al Lettore  non addetto ai lavori una sorta di schema ed una traccia di primo ragionamento su due parole quotidianamente pronunciate, quali: percosse, lesioni; parole il cui significato è dato spesso per scontato, ma alle quali sono sottese  molteplici situazioni offerte dal nostro Legislatore.

PERCOSSE

Ai sensi dell’articolo 581 c.p. il delitto, se dal fatto non derivi una malattia nel corpo o nella mente e se la violenza non è elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro reato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 309 euro.

Il bene giuridico protetto nel reato di percosse è l’incolumità individuale, ossia l’integrità fisica della persona contro qualsiasi aggressione violente sul corpo purché essa produca solamente una sensazione di dolore, senza postumi fisici di alcun genere.

Soggetto attivo del reato può essere qualunque individuo, mentre il soggetto passivo è necessariamente un essere vivente, giacché l’azione violenta contro un individuo non più in vita potrebbe integrare semmai l’ipotesi di vilipendio di cadavere di cui all’art. 410 c.p.

Si tratta di un reato di pura condotta: il reato si intende consumato nel momento in cui è realizzato l’atto di percuotere che implica, dunque, una condotta commissiva, che può realizzarsi attraverso qualsiasi forma (Cass. n. 1801/1986; Cass. n. 800/1984) e con mezzi d’offesa sia naturali  che artificiali (sassi, bastoni, libri, ecc.).

L’elemento essenziale del reato è, quindi, la violenza fisica che si estrinseca in una condotta idonea a provocare un’apprezzabile sensazione di dolore, la quale, tuttavia, non è necessario che venga concretamente provocata, potendo anche essere, per ragioni particolari, solo eventuale (ad. es. nelle ipotesi di anestesia o insensibilità della zona del corpo colpita, in base alle quali la persona offesa non risente di alcun dolore fisico, cfr. Cass. 11.6.1985, CED 170189, RP 1986, 590).

Quanto all’elemento soggettivo, il reato  richiede il solo dolo generico, ovvero “la coscienza e la volontà di tenere una condotta violenta tale da cagionare una sensazione dolorosa al soggetto passivo, mentre sono irrilevanti gli antecedenti psichici della condotta, ossia il movente del comportamento tipico descritto dalla norma generale”, non essendo indispensabile che, ai fini dell’integrazione del delitto, si accompagni l’intenzione di provocare dolore fisico (ad es. nel caso di spinta per intento scherzoso, sfida bonaria, ecc.).

Il delitto ex art. 581 c.p. rimane assorbito in delitti più gravi, in cui la violenza è circostanza aggravante o elemento costitutivo del reato [come, ad esempio, il delitto di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p., la violenza privata ex art. 610 c.p., la rapina, la rissa ecc.

LESIONI PERSONALI

Il bene giuridico oggetto di tutela è l’integrità fisica ed anche mentale della persona colpita. La fattispecie è disciplinata all’art. 582 per quanto riguarda le lesioni personali dolose e all’art. 590 c.p. per quanto riguarda le lesioni personali colpose.

Dispone l’art. 582 c.p.: “chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente , è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.
Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa”.

La norma quindi disciplina al primo comma le lesioni personali lievi, qualora la malattia sia giudicata guaribile tra i 21 ed i 40 giorni, mentre al comma secondo si puniscono invece la lesioni personali lievissime, qualora la malattia non superi i 20 giorni di durata.
La giurisprudenza più risalente identificava il concetto di malattia con qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell’organismo, anche se localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali. La giurisprudenza moderna, invece, limita la previgente nozione identificando la malattia come una perturbazione funzionale,  un processo patologico, acuto o cronico, localizzato o diffuso, che implichi una sensibile menomazione funzionale dell’organismo

Dal punto di vista soggettivo, non è richiesta la volontà di causare un particolare tipo di lesione, essendo sufficiente la volontà e consapevolezza di cagionare una violenta manomissione dell’altrui persona. Tuttavia, al fine di armonizzare tale imputazione oggettiva, si ritiene più coerente che la lesione sia perlomeno prevista e voluta come conseguenza della condotta.

LESIONI PERSONALI  GRAVI e GRAVISSIME

L’art. 583 c.p. prevede due forme aggravate di lesioni.

“La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette anni

1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa , ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;

2) se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo.

La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:

1) una malattia certamente o probabilmente insanabile;

2) la perdita di un senso;

3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare , ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;

4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso

LESIONI PERSONALI COLPOSE

La fattispecie di cui all’art. 590 c.p. disciplina invece le lesioni personali colpose:

“Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a trecentonove euro.

Se la lesione è grave , la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da centoventitre euro a seicentodiciannove euro;

se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da trecentonove euro a milleduecentotrentanove euro.”

Tale fattispecie, presenta i medesimi elementi costitutivi di quella regolata all’art. 582 c.p., dalla quale si differenzia per il solo elemento psicologico, essendo richiesta la colpa.

LESIONI STRADALI

L’ordinamento giuridico prevede poi le c.d. lesioni stradali colpose: con tale espressione si fa riferimento alla fattispecie delittuosa colposa introdotta ad opera della L. 23 Marzo 2016 n. 41  nell’ambito dei delitti contro la persona di cui al titolo XII del libro II del nostro Codice Penale.

Il provvedimento ha provveduto a scorporare dal genus delle lesioni personali colpose di cui all’art. 590 c.p., le nuove lesioni stradali (commesse cioè con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale) gravi e gravissime, oggi contemplate quale autonoma figura di reato e non più come mera circostanza aggravante ad effetto speciale.

Le lesioni lievi e lievissime cagionate con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale sono invece ancora regolate dalla normativa previgente, al pari delle lesioni colpose ordinarie, e in specie dall’art. 590 comma 1 c.p.

Il nuovo art. 590 bis c.p. punisce con la reclusione da tre mesi ad un anno, per le lesioni gravi, e da uno a tre anni, per le lesioni gravissime, chiunque per colpa cagioni ad altri una lesione personale con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale.


In sintesi ed in conclusione:

allorquando si sentono pronunciare le parole percosse o lesioni, il primo approfondimento impone comprendere se all’autore sia contestabile la colpa od il dolo ed, in contemporanea, prospettarsi l’entità del danno generato e quindi i giusti parametri del caso specifico;  in contemporanea  domandarsi, a primo colpo, se vi sia una procedibilità d’ufficio o se sia necessaria una querela.

E’ poi  a tutti  ben noto che la tematica delle lesioni in materia di “circolazione”,  oltre a quanto detto sopra, ha una sua specifica regolamentazione collegata allo status ed al comportamento del conducente ovvero: all’aver commesso il fatto in stato di ebbrezza alcoolica o in stato di intossicazione dovuta all’assunzione di stupefacenti o ancora per aver perpetrato il reato ponendo in essere violazioni particolarmente significative di norme di comportamento previste dal Codice della Strada; ma tali specifiche tematiche, così come l’omicidio stradale ( art589 bis  c.p. ), meritano, ovviamente, autonomi e ben distinti ragionamenti.