Si offrono alcune interessanti pronunce della Suprema Corte di Cassazione.
Licenziamento
forma e la comunicazione. Per Cass., Sez. L., n. 12106/2017 la scrittura con la quale sia intimato il licenziamento può ritenersi valida, anche quando non venga sottoscritta dal datore di lavoro o da un suo rappresentante, qualora venga esibita dalla parte nel giudizio pendente nei confronti del destinatario del recesso.
consegna dell’atto di licenziamento nell’ambito del luogo di lavoro. Per Cass., Sez. L, n. 18661/2017, il rifiuto del destinatario di ricevere l’atto in questione non esclude che la comunicazione debba ritenersi regolarmente avvenuta, trattandosi di un atto unilaterale recettizio, che non sfugge al principio generale per cui il rifiuto della prestazione da parte del destinatario non può risolversi a danno dell’obbligato e alla regola della presunzione di conoscenza dell’atto desumibile dall’art. 1335 c.c. Per Cass., Sez. L, n. 08136/2017, non rileva il momento in cui è maturato il proposito di licenziare il dipendente, né l’eventuale esternazione dell’atto a terzi, ma è necessario che l’intento negoziale si traduca in un atto giuridico diretto alla persona nella cui sfera giuridica è destinato a produrre effetti. La S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato successivamente alla presentazione delle giustificazioni ed irrilevante che, in epoca antecedente alle stesse, il lavoratore fosse venuto fortuitamente a conoscenza della volontà aziendale di recedere dal rapporto in virtù di un messaggio di posta elettronica indirizzato solo ad un terzo.
potere di qualificazione del giudice delle ragioni del licenziamento. Per Cass., Sez. L, n. 07687/2017, la disciplina della invalidità del licenziamento è caratterizzata da specialità, rispetto a quella generale della invalidità negoziale, desumibile dalla previsione di un termine di decadenza per impugnarlo e di termini perentori per il promovimento della successiva azione di impugnativa, che resta circoscritta all’atto e non è idonea a estendere l’oggetto del processo al rapporto, non essendo equiparabile all’azione con la quale si fanno valere diritti autodeterminati; ne consegue che il giudice non può rilevare di ufficio una ragione di nullità del licenziamento diversa da quella eccepita dalla parte.
ipotesi costituenti, o meno, giusta causa (o giustificato motivo soggettivo) di licenziamento. Secondo Cass Sez. L, n. 22375/2017, la condotta del lavoratore che denunci all’autorità giudiziaria competente fatti di reato commessi dal datore di lavoro non integra giusta causa o giustificato motivo soggettivo, a meno che non risulti il carattere calunnioso della denuncia o la consapevolezza della insussistenza dell’illecito, e sempre che il lavoratore si sia astenuto da iniziative volte a dare pubblicità a quanto portato a conoscenza delle autorità competenti. È di per sé sola irrilevante, in quanto non sufficiente a dimostrarne il carattere calunnioso, la circostanza che la denuncia si riveli infondata e che il procedimento penale venga definito con l’archiviazione della notitia criminis o con la sentenza di assoluzione; né in tali ipotesi, a differenza di quelle di esercizio del diritto di critica, rilevano i limiti della continenza sostanziale e formale, superati i quali la condotta assume carattere diffamatorio.
Per Cass., Sez. L, n. 07795/2017 è atto di insubordinazione, suscettibile di legittimare il licenziamento, l’ingerenza indebita della lavoratrice nell’organizzazione aziendale, manifestatasi nell’imposizione ai dipendenti di direttive, non discusse né concordate con la direzione aziendale, con modalità comportamentali dirette a contestare pubblicamente il potere direttivo del datore di lavoro.
Per Cass., Sez. L, n. 08816/2017 la modesta entità del fatto addebitato non va riferita alla tenuità del danno patrimoniale subito dal datore di lavoro, dovendosi valutare la condotta del prestatore di lavoro sotto il profilo del valore sintomatico che può assumere rispetto ai suoi futuri comportamenti, nonché all’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e ad incidere sull’elemento essenziale della fiducia, sotteso al rapporto di lavoro. Nella specie, la S.C., confermando la sentenza impugnata, ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un tecnico addetto alla manovra dei treni, il quale, durante il turno di lavoro, si era impossessato di circa venti litri di gasolio, prelevati dal carrello che conduceva.
Risarcimento del danno
responsabilità da cose in custodia. Per Cass. Civ, n. 2480/2018 è esclusa la responsabilità da cose in custodia in capo all’ente proprietario e gestore della strada, munita di guardrail di altezza a norma di legge, per i danni patiti dal superamento del medesimo da parte del conducente di un veicolo che ne aveva, per causa ignota, perso il controllo, non potendo il custode rispondere dei danni cagionati in via esclusiva dal danneggiato da qualificarsi oggettivamente non prevedibile.
responsabilità da cose in custodia e caso fortuito. Per Cass. Civ., n. 2479/2018 l’individuazione di una condotta colposa del danneggiato non consente di ritenere per ciò stesso integrato il caso fortuito, ove non emerga che sia risultato interrotto qualunque nesso causale fra la cosa in custodia e l’evento.
Per Cass. Civ., n. 2477/2018 il caso fortuito rappresentato da un fatto naturale o del terzo è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però dal punto di vista oggettivo e della regolarità causale, senza che possa riconoscersi alcuna rilevanza alla diligenza o meno del custode. le modifiche della struttura della cosa o le situazioni di pericolo determinate da fattori imprevedibili sono suscettibili di divenire, se non rimosse tempestivamente, nuove condizioni intrinseche della csa, idonee a comportare la responsabilità del custode.
danno morale. Per Cass. Civ., n. 1906/2018 è ammesso il risarcimento del danno morale per il consigliere comunale che, dopo essere stato regolarmente eletto, non ha potuto esercitare la carica perché il comune sbagliando ha deliberato che si trovasse in una condizione di incompatibilità.
responsabilità del vettore e onere della prova. Per Cass. Civ., n. 1584/2018 il passeggero che agisca per il risarcimento del danno derivante dal negato imbarco o dalla cancellazione (inadempimento) o dal ritardato arrivo dell’aeromobile rispetto all’orario previsto(inesatto adempimento) deve fornire la prova della fonte del suo diritto e il relativo termine di scadenza, ossia deve produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente, potendosi poi limitare alla mera allegazione dell’inadempimento del vettore. Spetta a quest’ultimo convenuto in giudizio dimostrare l’avvenuto adempimento oppure che in caso di ritardo, questo sia stato contenuto sotto le soglie di rilevanza. Per Cass. Civ., n.702/2018 in caso di smarrimento e furto della merce spedita, il mittente che domandi al vettore il risarcimento del danno deve unicamente provare la perdita del carico ed il relativo valore, ma non anche di aver indennizzato il destinatario della merce per mancato arrivo