IL CONTRATTO di COMODATO – riflessioni su immobili e vicende sentimentali

Il comodato è disciplinato dall’art. 1803 del codice civile. E’ un contratto in base al quale una parte (comodante) consegna all’altra (comodatario) una cosa mobile o immobile affinché se ne serva per un uso o per un tempo determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. E’ un contratto reale (ovvero si perfeziona con la consegna della res), ad effetti obbligatori, gratuito (se non fosse gratuito si entrerebbe nella sfera del contratto di locazione) ed unilaterale (l’unica prestazione che nasce dal contratto è la restituzione della cosa).

Il comodatario:

  • ha  il diritto di godere della cosa, se ne può servire per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa stessa;
  • non può concedere ad un terzo il godimento della cosa senza il consenso del comodante;
  • deve custodire e conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia;
  • è tenuto a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto dal contratto.

In ordine al termine ed all’obbligo di restituzione devono essere fatte delle sottolineature, infatti:

  • se è fissato un termine, la restituzione della cosa può avvenire solo e soltanto se il comodatario  dimostri  un urgente ed imprevedibile bisogno (ex art. 1809);
  • se invece il contratto di comodato è senza determinazione di durata (c.d. comodato precario), la restituzione deve avvenire a pronta richiesta  (ex art. 1810).

Al fine di riflettere e capire la differenza tra il comodato “classico” disciplinato agli artt. 1803 e 1809 c.c. ed il c.d. comodato precario ex art. 1810 c.c., è interessante analizzare la sentenza n. 3553/2017 della Suprema Corte di Cassazione.

La comodante, che aveva concesso in comodato al figlio ed alla sua convivente un immobile, cita in giudizio la compagna del figlio per ottenere il rilascio del detto immobile. La comodataria si costituisce in giudizio sostenendo la non  applicabilità, al caso di specie, della disciplina del comodato precario previsto dall’art.1810 c.c. in quanto l’immobile era destinato ad esigenze di tipo familiare. Sia il Tribunale adito in primo grado e poi la Corte dell’Appello rigettavano le domande della comodante.

Si giunge così al ricorso in Cassazione ove la Suprema Corte, rigettate le argomentazioni della proprietaria dell’immobile, e confermate così le decisioni emanate in primo e secondo grado, coglie l’occasione per analizzare la disciplina del codice civile, ovvero dei due tipi di comodato.

La Corte afferma:

  •  nel comodato precario è consentito al comodante chiedere il rilascio della cosa al comodatario ad nutum, ovvero a pronta richiesta senza eccezione alcuna;
  • nel caso invece dell’art. 1809 c.c. ciò che rileva è la consegna di una cosa per un tempo determinato o per un uso che consente comunque di stabilire la scadenza contrattuale.

Quindi la Suprema Corte, nel caso di specie,  ha ritenuto applicabile  l’art.1809 c.c. ed ha stabilito il seguente principio di diritto: ”se l’immobile concesso in comodato è destinato ad abitazione familiare, il comodante può esigerne la restituzione immediata, solo se sopravviene un improvviso o urgente bisogno”.


Immaginiamo al fine attuare alcune riflessioni la seguente ipotesi: un signore ha due immobili, uno dove abita e l’altro libero. In quello libero vanno ad abitarci il figlio del citato proprietario con la coniuge  e nel contempo nasce un bambino; dopo 1 anno la coppia “scoppia” e la Signora chiede la separazione e l’affidamento della casa.

La casa gli viene affidata?

La risposta di molti Tribunali sul punto è positiva e conseguentemente la situazione del proprietario diventa perdente e diabolica! Sia ben chiaro,  la presenza del bambino può generare molteplici considerazioni, ma l’argomento qui in analisi è l’istituto del comodato e le maglie normative sul punto sono molto larghe!

Quale genitore non darebbe ad un figlio la disponibilità della casa?  Nel momento in cui quello stesso figlio avrà degli sviluppi sentimentali tormentati e si ritroverà soccombente nella lotta con la coniuge, Vi sembra giusto che il padre “proprietario” non sia libero di difendere il Suo bene?

In conclusione,  nel seguire la Sentenza citata:

  • se è stato stipulato un contratto di comodato con una scadenza precisa, alla fissata scadenza il bene rientrerà nella disponibilità del proprietario;
  • qualora esista un termine ben stabilito ed il proprietario desiderasse rientrarne in possesso prima della scadenza dello stesso, oseremo dire che la possibilità di dimostrare un improvviso ed urgente bisogno non avrà alcun valore rispetto al prevalente concetto di tutela del nucleo familiare, specie  nel caso in cui vi sia prole;
  • qualora invece si parta dall’idea che la disponibilità del bene era stata data a titolo precario, ovvero senza un contratto di comodato con precisa scadenza,  il proprietario per riavere la disponibilità del bene risulterà destinato a soffrire le pene dell’inferno in quanto in presenza di prevalenti valori della famiglia non è ravvisabile il concetto di precarietà. Tanto per intenderci, riagganciandoci all’esempio fatto, il figlio, magari, tornerà a vivere a casa del padre, mentre la coniuge, con il bambino, starà tranquillamente nella casa  concessa in “comodato”.

E pertanto, senza voler essere prevenuti ( è una realtà ): se un genitore ha un figlio maschio ed ipotizzasse concedere un immobile in comodato allo stesso figlio ed alla coniuge, può sembrare freddo e malizioso, ma è bene che il contratto abbia una scadenza  chiara e che sia registrato.