Revoca giudiziale amministratore condominiale: serve il procedimento stragiudiziale di mediazione?

Quale premessa, si deve sottolineare che la revoca giudiziale di un amministratore di Condominio è caso raro, essendo prevalente la revoca per decisione assembleare. Il caso che qui esaminiamo serve per riflettere sul come certi istituti stragiudiziali ( mediazione e negoziazione assistita ), ideati dal Legislatore per “diminuire “ il contenzioso, in verità siano elemento di “rallentamento” e fonte di pericolo  a carico di chi vuol far valere le sue ragioni.

Il Tribunale di Palermo,  in data 6 maggio 2016, dichiarava improcedibile una domanda di revoca giudiziale di un amministratore di Condominio in quanto la ricorrente non aveva partecipato  all’incontro davanti al mediatore agli effetti del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28.

Al riguardo è bene ricordare che il  procedimento di revoca giudiziale dell’amministratore di condominio:

  • riveste un carattere eccezionale ed urgente (oltre che sostitutivo della volontà assembleare);
  • è ispirato dall’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione; dell’amministrazione condominiale (a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore);
  • è perciò improntato a celerità, informalità ed ufficiosità;
  • non riveste alcuna efficacia decisoria e lascia salva al mandatario revocato la facoltà di chiedere la tutela giurisdizionale del diritto provvisoriamente inciso (facendo valere le sue ragioni attraverso un processo a cognizione piena).

La stessa ricorrente impugnava la decisione del Tribunale di Palermo e la Corte d’Appello di Palermo, con decreto del 29 luglio 2016, rigettava  il reclamo proposto.

La Signora, particolarmente tenace, si rivolgeva alla Suprema Corte di Cassazione  ed impugnava il decreto della Corte d’Appello sostenendo che:

  1.  il decreto impugnato ha natura di sentenza;
  2.  il procedimento di revoca dell’amministratore di condominio non soggiace all’istituto della mediazione obbligatoria.

La Suprema Corte (Cass. Civile, sez. VI-2, ordinanza 18/01/2018 n° 1237), così stabiliva:  “ è inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo avverso il decreto del tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio, previsto dall’art. 1129 c.c., e art. 64 disp. att. c.c., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione; tale ricorso è, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo (Cass. Sez. 6 – 2, 23/06/2017, n. 15706; Cass. Sez. 6 – 2, 11/04/2017, n. 9348; Cass. Sez. 6 – 2, 27/02/2012, n. 2986; Cass. Sez. 6 – 2, 01/07/2011, n. 14524; Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957)”

In sintesi , secondo il Tribunale e la Corte palermitana, il procedimento di mediazione obbligatoria è applicabile anche al giudizio di revoca dell’amministratore di condominio, nonostante si tratti di procedimento in camera di consiglio.

Qualcosa non quadra!

Il giudizio di revoca dell’amministratore di condominio è un procedimento camerale plurilaterale tipico. Se è vero che l’art. 71 quater disp. att. c.c. precisa che per “controversie in materia di condominio”, ai sensi dell’art. 5, d.lgs. 28/2010, si intendono, tra le altre, quelle degli artt. da 61 a 72 disp. att. c.c. (tra cui vi è quindi anche l’art. 64 disp. att. c.c. relativo alla revoca dell’amministratore); per contro, l’art. 5, comma 4, lett. f, d.lgs. 28/2010 è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità relativo al tentativo di mediazione obbligatoria  non si applica ai procedimenti in camera di consiglio .

La Suprema Corte non offre risposta a tale contrasto, rimarcando che il decreto con il quale la Corte d’appello provvede sul reclamo avverso il decreto del Tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio (art. 1129 c.c. e art. 64 disp. att. c.c.), costituisce un  provvedimento di volontaria giurisdizione e, pertanto, è inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.

In particolare la Suprema Corte spiega che il Decreto della Corte palermitana:

  • non costituisce “sentenza”, ai fini ed agli effetti di cui all’art. 111 Cost., comma 7;
  • è sprovvisto dei richiesti caratteri della definitività e decisorietà;
  • non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi;
  • “non pregiudica il diritto del condomino ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, né il diritto dell’amministratore allo svolgimento del suo incarico”;
  • trattasi di provvedimento non suscettibile di acquisire forza di giudicato;
  • non rileva in senso contrario la motivazione del ritenuto ostacolo pregiudiziale all’esame della domanda giudiziale: ciò in quanto la pronuncia di improcedibilità, comunque motivata, resta pur sempre inserita in un provvedimento non decisorio sul rapporto sostanziale e non impugnabile, e, pertanto, non può costituire autonomo oggetto di impugnazione.

In conclusione, la Cassazione  evidenzia la difficoltà interpretativa, scaturente dalla lettura degli artt. 71 quater disp. att. c.c. e 5, comma 4, lett. f), d.lgs. 28/2010, in merito alla questione dell’assoggettabilità del giudizio di revoca dell’amministratore di condominio all’obbligatorietà della mediazione, ma non prende esplicita posizione.

Quali sono le riflessioni finali?

1 ) la Signora magari nella sostanza aveva ragione, ma per un difetto procedurale ( assenza della mediazione ) è risultata soccombente senza riuscire ad entrare nel merito del rapporto;

2) la Signora ed il suo avvocato , a nostro  avviso , hanno perfettamente ragione nel sostenere  che il procedimento stragiudiziale di mediazione non era necessario;

3) a seguito della prima Sentenza del Tribunale di Palermo era, forse, meglio mollare l’osso,  ma certamente è facile dirlo a posteriori;

4) nel sistema del “cavillo” italiano , non si può mai dare nulla per scontato e pertanto, qualora sussista  un dubbio operativo/ procedurale, il caso ne è la riprova, è meglio fare anche ciò che appare illogico.

Il contrasto interpretativo ancora irrisolto non può che mettere in guardia tutti gli addetti ai lavori.