Sequestro di persona – Il caso del ministro Salvini

Ai sensi del primo comma dell’art. 605 c.p.: “Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.”

Si tratta di reato permanente posto a  tutela della libertà di movimento e di spostamento.

Un consolidato orientamento della Suprema Corte (Sez. V 12 maggio 1980 , n. 5907 e Sez. I, 4 maggio 2009, n. 18186) individua l’elemento oggettivo del reato nella privazione della libertà personale che si traduce nella libertà di locomozione. Non è necessario che la privazione sia totale, ma è sufficiente  che la persona offesa  venga privata della libertà personale per un tempo apprezzabile e che non sia in grado di recuperare la piena libertà con immediatezza, agevolmente e senza rischi, a prescindere dalla durata del sequestro:  ex articolo 605 c.p.,  infatti, non è previsto alcun aspetto temporale della condotta penalmente rilevante (si noti che  Cassazione  19548/2013, ha individuato la fattispecie anche  in quei pochi attimi durante i quali il reo costringe la vittima a salire a bordo dell’auto sotto la minaccia di un’arma.)

Il  reato è a condotta libera: può realizzarsi sia mediante azione (violenza, minaccia, inganno, ecc…) che mediante omissione (configurabile quando il soggetto passivo si trovi rinchiuso per cause estranee al soggetto attivo e questi, ometta  un obbligo giuridico di intervento).

Il  titolare del bene giuridico offeso  può essere qualsiasi soggetto, ma si prevede l’applicazione di circostanze aggravanti specifiche qualora esso sia un ascendente, un discendente o il coniuge, o qualora il soggetto agente sia un pubblico ufficiale, se il fatto è commesso con abuso dei poteri. Qualora il reato sia perpetrato ai danni di un minore “si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all’estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni. Se il colpevole cagiona la morte del minore sequestrato si applica la pena dell’ergastolo” .

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo la norma richiede il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà di privare il soggetto passivo della libertà personale.

Non hanno rilievo i fini, salvo che siano quelli di terrorismo o eversione, perché in questi casi sussistono specifici reati.  Il sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.) e quello a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289-bis c.p.) presentano infatti lo stesso elemento oggettivo del sequestro di persona semplice (la privazione della libertà personale), ma si differenziano per l’elemento soggettivo costituito dal dolo specifico, ovvero rispettivamente il fine estorsivo e il fine di terrorismo o di eversione.

Il sequestro di persona integra un tipico esempio di reato permanente che si perfeziona nel momento e nel luogo in cui la vittima è privata della libertà personale e che viene meno allorquando la vittima riacquisti la libertà per volontà del reo o per il sopravvenire di cause esterne.  E’ configurabile il tentativo (art. 56 c.p.) quando la privazione della libertà personale altrui sia stata impedita, dopo il compimento di atti diretti in modo non equivoco a tal fine, per cause non dipendenti dalla volontà dell’agente.

La disposizione prevede una circostanza attenuante specifica, da riconoscersi nei casi in cui vi sia ravvedimento operoso da parte dell’autore del delitto. In questo caso è  prevista una diminuzione della pena sino alla metà, ma e’ necessario un aiuto concreto nei confronti dell’autorità per contrastare il delitto, per evitare la commissione di ulteriori fatti di sequestro, nonché per la raccolta di elementi probatori decisivi per l’individuazione e la cattura dei concorrenti:  l’imputato deve adoperarsi  concretamente per evitare che l’attività penalmente rilevante sia portata a conseguenze ulteriori. Si tratta di una particolare forma di recesso attivo  che necessita di un coefficiente di volontarietà nell’atto, che dunque non deve essere conseguenza di fatti esterni, come ad esempio la fuga del sequestrato.

Al reato è possibile inoltre applicare la scriminante del consenso dell’avente diritto (art. 50 c.p.). L’opportunità si ravvisa in particolare con riguardo alle ipotesi di ricovero di tossicodipendenti in comunità con il consenso degli stessi e di rinuncia alla libertà personale in nome di convinzioni religiose.

Il consenso deve ritenersi invalido allorché si verifichi la totale soppressione della libertà, ovvero una menomazione così grave da diminuire notevolmente la funzione sociale dell’individuo, come pure nei casi in cui gli atti di consenso siano, comunque, contrari alla legge, al buon costume o all’ordine pubblico.

Altra ipotesi di sequestro di persona scriminato può intravedersi nel caso in cui la limitazione alla libertà personale altrui avvenga nell’esercizio della potestà educativa e disciplinare. Essa si può configurare sia a favore dei genitori sia, nei limiti previsti dalla legge, a favore di maestri e precettori. La giurisprudenza ha precisato come un eventuale abuso di tali poteri non realizza il sequestro di persona bensì, sempre che ne sussistano i presupposti di legge, il diverso reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) (Cass. Pen., sez. V, sentenza 6 febbraio 1987, n. 1342)


Esposte le linee essenziali dell’istituto, si osserva come non sia certo un fatto usuale discutere di sequestro di persona; per contro, “oggi” TUTTI disquisiscono sulla vicenda: “Migranti sequestrati sulla nave Diciotti”.

Il P.M. di Agrigento (con una dose di oggettivo protagonismo, dal momento che lo stesso è salito a bordo della nave con ripresa TV) ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di “arresto illegale” e di “sequestro di persona”, ma l’ipotesi è oltremodo fantasiosa; infatti:

1) per sussistere l’arresto illegale, serve un arresto e, nel caso di specie, nessuno è stato arrestato;

2) il sequestro di persona esige una privazione della libertà illegittima; si arriverebbe altrimenti all’assurdo, ovvero a poter pensare che un Giudice, mandando in carcere un soggetto, possa essere accusato di sequestro di persona!

In altri termini, la decisione del ministro Salvini, unico legittimato a decidere se lo “sbarco” fosse caldeggiabile oppure in contrasto con le ragioni di ordine pubblico e d’igiene, era ed è una decisione discrezionale e, come tale, una scelta politica, discutibile forse, ma pur sempre discrezionale e pertanto non certo illegittima.

Siamo dunque tutti coinvolti in una generale disinformazione dove, evidentemente, vi è interesse a mischiare i ruoli tra politica e magistratura quando, invece, la distinzione dei poteri dovrebbe essere rigorosa; senza dimenticare che l’indagato Salvini, come tale, dovrebbe ricevere un’informazione di garanzia personale e privata, non certo divulgata…ma oramai le indagini ed i processi si fanno in TV.